mercoledì 3 febbraio 2010

"Quell'azienda ha alterato per anni i nostri cibi"

dal sito de "Il Tempo - Lazio Nord"

Tutto iniziò il 5 luglio del 2004. In quel giorno la Procura della Repubblica presso il tribunale di Rieti – con il supporto del Corpo forestale e dei carabinieri del nucleo di Tutela ambientale – concluse l'operazione «Agricoltura biologica», una maxi inchiesta che pose fine a un traffico illecito di rifiuti pericolosi. Al centro della vicenda giudiziaria c'era lo stabilimento Masan di Magliano Sabina, situato in località Campana e dove era presente un impianto di compostaggio presso l'ex fornace Buzzo, destinato alla produzione di compost, fertilizzante ottenuto attraverso un processo biologico di umidificazione e decomposizione. In sostanza, però, nello stabilimento sabino venivano trattate sostanze nocive e pericolose contaminate anche da diossina. Successivamente il compost di Magliano Sabina veniva riutilizzato da numerose aziende agricole del centro Italia. Nei fanghi venne accertata la presenza di diossina e di metalli pesanti in quantità eccedente le concentrazioni massime ammissibili. I Forestali, a seguito di serrate indagini accertarono che i camion che trasportavano i materiali tossici all'interno della Masan, ne riuscivano nuovamente nell'arco della stessa giornata con il medesimo carico, sommariamente miscelato, senza che questo fosse stato sottoposto al processo di compostaggio che prevede almeno tre mesi di lavorazione. L'ammendante veniva quindi ceduto alle aziende agricole che, dietro corresponsione di denaro, accettavano di smaltire i rifiuti sui propri coltivi. Il compost era costituito da fanghi organici miscelati a pezzi di legno, sacchetti di polietilene, sassi, bottiglie di plastica e addirittura anche siringhe e bende insanguinate. La vicenda, al di là del percorso meramente giudiziario, sollevò una forte bufera politica da parte di associazioni ambientaliste e soprattutto da parte dei Verdi.

Rob. Bre.

0 commenti:

Related Posts with Thumbnails