venerdì 30 luglio 2010

Eco Service, la versione della difesa


di Alessandra Pierini

E’ quasi tornata alla normalità l’attività della Eco Service, azienda al centro delle indagini legate all’operazione “Ragnatela” sul traffico di rifiuti illegali e pericolosi. Il sostituto procuratore Andrea Belli ha accolto nei giorni scorsi la richiesta di dissequestro parziale dell’azienda, nelle sezioni non interessate dalle indagini, gli impianti hanno ripreso a funzionare e apparentemente nulla sembra essere cambiato rispetto a quanto accadeva regolarmente fino a non più di quindici giorni fa. Completamente diversa è invece la situazione di grande turbamento di Pietro Palmieri, Gianfranco e Adriano Bernabei, titolari dell’azienda di smaltimento rifiuti di San Claudio.
“Siamo un’azienda piccola ma importante – inizia Adriano Bernabei (in foto), responsabile commerciale e coordinatore tecnico – negli anni abbiamo integrato la nostra attività nel comparto dei servizi ambientali con servizi più innovativi quali la raccolta differenziata, lo stoccaggio e il trattamento dei rifiuti, fino a sviluppare anche il servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti più difficili ossia quelli speciali, tossici e nocivi. Nel 1995 abbiamo realizzato il primo impianto tecnologico nel centro-sud Italia di selezione e cernita automatizzata delle frazioni secche riciclabili presenti nei rifiuti urbani e dal 1999 ci siamo specializzati nella inertizzazione dei rifiuti pericolosi. Operiamo nel settore da 22 anni, siamo sempre gli stessi soci e abbiamo un patrimonio immobiliare intestato a noi, chi vuole fare il furbo non fa così.” Bernabei consegna anche un lungo elenco di certificazioni ottenute negli anni e il brevetto Inertix del 2007. “Negli anni abbiamo avuto moltissimi controlli – va avanti Bernabei – la procedura per l’esportazione dei rifiuti è rigorosissima e non transige e neanche mezzo chilo di rifiuti uscito da qui ha raggiunto luoghi non autorizzati. Questa vicenda ci ha segnato profondamente, i traumi individuali e familiari restano ma le tragedie servono anche ad imparare. Se c’è una cosa che abbiamo capito è che in certe aree del Paese non si può lavorare e quando si ha a che fare con i rifiuti di Napoli si vanno a toccare interessi importanti.”
I tre soci parlano dell’esperienza in carcere come di un brutto incubo ormai finito: “Vogliamo ringraziare – dicono in coro – sia i Carabinieri che sono stati molto corretti e nel loro viso abbiamo visto un certo imbarazzo anche quando ci hanno arrestato e condotto in Questura, sia le guardie carcerarie di Camerino e Fermo che hanno avuto con noi un comportamento umano. Sono stati esemplari.”
L’avvocato Giancarlo Giulianelli, uno dei difensori dei tre soci, sottolinea le stranezze dell’operazione “Ragnatela”: “Questi signori sono stati intercettati per anni e gli viene contestato l’episodio di un cassone al quale sarebbero stati tolti i sigilli per sostituirne il contenuto. Secondo il P.G. qualcuno che intercettava ha avuto l’impressione che si stesse compiendo un reato, è strano che abbia aspettato 2 anni per intervenire. E’ singolare anche che un’indagine che riguarda soggetti maceratesi venga gestita dalla Procura di Napoli non competente e ancora è strano che, come sostiene il P.M. di Napoli, un’associazione a delinquere tra maceratesi sia nata a Napoli.”
E per quanto riguarda l’agente Marcello Cioppettini (indagato come “talpa”), quali erano i suoi rapporti con la Eco Service? “Cioppettini è un amico di infanzia di Pietro Palmieri – precisa ancora Bernabei – niente di più. E’ normale che aziende serie che operano in un settore come il nostro collaborino con le autorità, in passato ad esempio, ci sono stati degli sversamenti strani sul Chienti e tutti gli operatori della zona, noi compresi, si sono attivati per scoprire chi fosse l’azienda inquinante.”
Conclude Pietro Palmieri: “Per quanto riguarda i regali che io avrei fatto a Cioppettini sono stati atti di amicizia, gli ho regalato dei pezzi di ferro che a noi non servivano ad esempio, ho sponsorizzato un locale ma come ho sempre fatto con tanti altri che me l’hanno chiesto, dalle feste alle sagre che si svolgono sul territorio. Mi capita anche spesso di prestare un furgone per dare una mano, le considero azioni di buon vicinato, se sono reati allora ne ho commessi davvero tanti.”
Intanto l’impianto continua a funzionare, nei capannoni ancora sequestrati sono ammucchiati cassoni di materiali e nei sacchi in fondo ci indicano i medicinali scaduti. Nelle aree dissequestrate i rifiuti continuano ad essere raccolti, oggi ci sono bottiglie di plastica pressate e pezzi di cartone. Ogni tanto si sentono odori poco piacevoli. Tutto come prima.

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