mercoledì 8 giugno 2011

I 4 referendum: cosa realmente andiamo a votare


Il referendum è uno strumento di democrazia diretta popolare garantito dalla Costituzione. I referendum che verranno svolti nei giorni del 12 e 13 giugno sono di natura abrogativa, ossia richiedono l'eliminazione dall'ordinamento di norme, articoli o parti di articoli indicati dai promotori ed vagliati formalmente dalla corte di cassazione e corte costituzionale.
Ciò significa che se per uno o più quesiti prevarrà il sì, quella materia verrà interpretata ed applicata senza quella parte di testo che è stata eliminata, indipendentemente dalle intenzioni di coloro che hanno influito sulla modifica del testo, ma semplicemente basandosi sulla letteralità della norma rimanente. Il successo del SI' necessita un tasso di votanti pari al 50%+1 degli aventi diritto al voto.

Passiamo all'analisi di ogni scheda.

1) La prima scheda affronta il tema della gestione dei servizi pubblici locali.


TESTO DEL QUESITO
Volete voi che sia abrogato l'art. 23-bis (Servizi pubblici locali di rilevanza economica) del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 recante «Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria», convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, come modificato dall'art. 30, comma 26, della legge 23 luglio 2009, n. 99, recante «Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia», e dall'art. 15 del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, recante «Disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi comunitari e per l’esecuzione di sentenze della corte di giustizia della Comunità europea», convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2009, n. 166, nel testo risultante a seguito della sentenza n. 325 del 2010 della Corte costituzionale?

Interessante la valutazione degli effetti, chiarita in primis dalla Corte Costituzionale nella sent. 24/2011. Un risultato positivo del primo referendum comporterebbe - afferma la Consulta - "l’applicazione immediata nell’ordinamento italiano della normativa comunitaria (come si è visto, meno restrittiva rispetto a quella oggetto di referendum) relativa alle regole concorrenziali minime in tema di gara ad evidenza pubblica per l’affidamento della gestione di servizi pubblici di rilevanza economica".

Un risultato positivo del primo quesito comporterebbe "la reviviscenza della disciplina comunitaria, e in particolare dei «requisiti minimi indispensabili» richiesti dall’Unione europea perché sia garantita la concorrenza nel settore dei servizi pubblici locali (tendenzialmente già presenti nell’art. 113 TUEL dopo le modifiche del 2001). Verrebbe quindi meno il favor discrezionalmente manifestato dal legislatore italiano nel 2008 per la gara [con conseguente obbligo di esternalizzazione del servizio ad un soggetto totalmente privato ovvero ad un soggetto misto con la presenza minima del capitale privato al 40%]. Si tornerebbe invece a quella situazione di indifferenza del legislatore nazionale rispetto alla scelta della forma di gestione che ha caratterizzato la stagione 2001-2008: il modello dell’«in house providing» (secondo i requisiti comunitari) tornerebbe ad essere un modello ordinario di gestione che non richiederebbe la dimostrazione di un contesto «eccezionale» di fallimento del mercato da parte dell’ente locale. Ad esso si potrebbe ricorrere semplicemente in ragione di una autonoma valutazione politica dell’ente di riferimento, titolare della responsabilità del servizio. Inoltre, continuerebbe ad avere cittadinanza il modello della società mista con la possibilità di una partecipazione dei privati anche inferiore al 40% del capitale" (Treccani.it, Alfredo Moliterni). Un risultato negativo comporterebbe invece la sussistenza della disciplina attuale, cioè della preferenza per la gara, e obbligo di esternare il servizio a soggetto totalmente privato o misto con presenza minima del capitale privato al 40%.

TESTI DI LEGGE: Attuale disciplina per il servizi pubblici dell'art. 23bis

2) La seconda scheda affronta il tema dei criteri per stabilire il prezzo della tariffa del servizio idrico integrato. Non si affronta né il tema della privatizzazione dell'acqua, né quello della gestione privata. Difatti l'acqua è, e rimane, per legge un bene pubblico, e la gestione privata è comunque già realtà, con la presenza di molte aziende private o pubblico/private che gestiscono il rifornimento idrico.


TESTO DEL QUESITO
Volete voi che sia abrogato il comma 1 dell'art. 154 (Tariffa del servizio idrico integrato) del Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante «Norme in materia ambientale», limitatamente alla seguente parte: «dell'adeguatezza della remunerazione del capitale investito»?

Un risultato positivo del secondo referendum comporterebbe che nel calcolo della tariffa del servizio idrico integrato non si prende in considerazione il criterio della adeguata remunerazione del capitale investito, ossia del corrispettivo del soggetto che ha investito una determinata somma di denaro nel servizio, bensì il calcolo della tariffa soggiacerebbe agli altri criteri rimasti, cioè "la qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, le opere e gli adeguamenti necessari, l'entità dei costi di gestione delle opere, i costi di gestione delle aree di salvaguardia, nonché una quota parte dei costi di funzionamento dell'Autorità d'ambito".
Un risultato negativo non comporterebbe alcun cambiamento, ossia tra i vari criteri per la definizione della tariffa del servizio idrico integrato rimarrebbe anche "l'adeguata remunerazione del capitale investito".

TESTI DI LEGGE: decreto legislativo 152/2006, norme in materia ambientale.

3) La terza scheda affronta il tema del nucleare e della Strategia energetica nazionale. Il quesito referendario è stato soggetto a modifica da parte del c.d. "decreto omnibus", art. 5. La cassazione ha successivamente deciso di far scivolare la decisione popolare dalla norma precedente all'art. 5 del decreto stesso. Questo spostamento comporta influenti conseguenze sull'esito del voto, poiché l'oggetto del referendum è cambiato.


TESTO DEL QUESITO
Volete voi che siano abrogati i commi 1 e 8 dell'articolo 5 del decreto-legge 31/03/2011 n.34 convertito con modificazioni dalla legge 26/05/2011 n.75?

Un risultato positivo del terzo referendum non avrebbe esiti diretti nei confronti delle scelte politiche future in campo energetico, bensì esprimerebbe soltanto in maniera indiretta l'intenzione popolare sul tema. Il comma 1 dichiara che "non si procede alla definizione e attuazione del programma di localizzazione, realizzazione ed esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare". L'eventuale abrogazione di una norma abrogatrice potrebbe avere effetti paradossali: negare una negazione significa poter e/o dover affermare qualcosa. Quindi l'abrograzione del comma 1 permetterebbe agli organi politici competenti di emanare in futuro norme relative a piani energetici, anche nucleari. Il comma 8 impone invece al Governo di adottare entro i prossimi 12 mesi una Strategia energetica nazionale.
Quindi, in caso di vittoria del Sì, stando alla lettera del quesito, il Governo non sarebbe autorizzato ad adottare la Strategia energetica nazionale, cioè il piano generale con cui si decidono gli investimenti, le priorità, i settori su cui investire, comprese le energie rinnovabili.
Un risultato negativo permetterebbe al governo di adottare la Strategia energetica nazionale.
Per effetto dell’abrogazione effettuata dal governo, tra l’altro, anche una vittoria del Sì non avrebbe effetti concreti sul fronte dell’energia nucleare ma soltanto effetti simbolici: in ogni caso questo o un altro Governo un giorno o l’altro potrebbero legittimamente introdurre il ricorso all’energia nucleare.

TESTI DI LEGGE: art. 5 del decreto legge 34/2011 (compresi comma 1 e 8).

4) La quarta scheda affronta il tema del legittimo impedimento.


TESTO DEL QUESITO
Volete voi che siano abrogati l'art. 1, commi 1, 2, 3, 5 e 6, e l'art. 2 della legge 7 aprile 2010, n. 51, recante «Disposizioni in materia di impedimento a comparire in udienza», quale risultante a seguito della sentenza n. 23 del 13-25 gennaio 2011 della Corte costituzionale?

Un risultato positivo del quarto referendum comporterebbe la completa espunzione della legge sul legittimo impedimento. Un risultato negativo comporterebbe la permanenza del legittimo impedimento così come interpretato dalla corte costituzionale, ossia l'ammissione del legittimo impedimento soltanto se rilevato esistente dal giudice nel caso concreto.

TESTI DI LEGGE: Il legittimo impedimento come era al momento della sua emanazione.
Oggi da quel testo è stato cancellato il comma 4 dell'art. 1, ed il comma 3 è interpretato in maniera tale da prevedere che il giudice valuti in concreto, a norma dell’art. 420-ter, comma 1, cod. proc. pen., l’impedimento addotto (Sent. 23/2011 Corte Cost., Dispositivo).

Niccolò

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