Masan, l'altra faccia dello scandalo
Migliaia di tonnellate di rifiuti devono essere smaltiti, ma l’azienda è fallita
Migliaia di tonnellate di rifiuti devono essere smaltiti, ma l’azienda è fallita
dal sito de "Ilmessaggero.it"
Ci sperava, la difesa di Massimo Dami, il principale imputato (contumace dalla prima udienza) del processo sul traffico illecito dei rifiuti che aveva come base operativa lo stabilimento di Magliano Sabina della Masan. Ci sperava l’avvocato Giannelli di cogliere qualche contraddizione nelle deposizioni, rese ieri in udienza, degli agenti della Forestale che tra la fine del 2003 e l’inizio del 2004 avevano più volte controllato i movimenti dei camion in entrata e in uscita dall’azienda, verificato dove andavano a scaricare il materiale. Nessuna incertezza nelle loro testimonianze, nulla di significativo che possa aver fornito agli avvocati dei 19 imputati (altri due sono stati già condannati in precedenza) una possibilità di intaccare l’impianto accusatorio della procura. Allora la speranza è riposta nell’interrogatorio dei consulenti Iacucci e Sanna che, per conto di pubblico ministero e gip, hanno svolto le perizie (deporranno il 15 ottobre), e nelle 75 intercettazioni telefoniche delle quali il giudice Andrea Fanelli, accogliendo la richiesta del collegio di difesa, ha disposto la trascrizione integrale, affidando l’incarico al perito maglianese Stefania Perilli che dovrà ripresentarsi in aula il 15 dicembre. Cosa si aspettano i difensori? Che dal testo completo possano emergere scenari diversi, che magari un colloquio tra gli imputati, riportato per sintesi nel brogliaccio, possa assumere una diversa veste, un altro significato, se ascoltato e letto nella sua interezza. Del resto la difesa fa il suo lavoro, quello in corso non è un processo facile e il reato più grave contestato è quello di traffico di rifiuti pericolosi, ancora lontano dal prescriversi. L’accusa (pm Fabio Picuti) non ha opposizioni da fare, certa che nei faldoni e negli atti c’è una risposta per ogni dubbio ed eccezione sollevata dalla difesa. E’ presto comunque per tirare le somme, mentre invece si profila all’orizzonte un difficile caso legato allo smaltimento delle migliaia di tonnellate di rifiuti sui quali grava tutt’ora il sequestro giudiziario, ammassati all’interno dello stabilimento. La proprietà della struttura, una società immobiliare, è parte civile nel processo in corso (come del resto lo sono la Provincia di Rieti - il cui legale Federico Fioravanti, segue costantemente ogni udienza - e altri enti pubblici), e non intende certo accollarsi la spesa per la bonifica dell’intera area. Ma la Masan è stata dichiarata fallita dal tribunale di Firenze nel 2006 e questo rende improponibile un’eventuale azione di rivalsa. Per affrontare il problema il curatore fallimentare nominato dal tribunale toscano, ha effettuato una prima ricognizione all’interno della struttura, ma la situazione è apparsa subito complicata soprattutto per via dei costi altissimi da affrontare per l’operazione. Si va profilando perciò un secondo caso Zepa (per i rifiuti, ammassati per dieci anni nella Riserva dei Laghi Lungo e Ripasottile, è iniziata da poco l’opera di sgombero) dagli esiti incerti perchè qualcuno dovrà, prima o poi, smaltire la montagna di fanghi inquinati. Un problema che, fino a oggi, si è evitato di affrontare, quanto meno a livello di esame preventivo, e che il processo non ancora concluso fa continuamente rinviare.
di Massimo Cavoli